La scultura è la disciplina nella quale Cambellotti si era inizialmente formato frequentando il Museo Artistico Industriale di Roma negli anni tra il 1893 e il 1897. Compie visite al Museo Archeologico di Napoli e poi a quello di Atene tra il 1897 e il 1898. Tuttavia al Museo Artistico Industriale di Roma, Cambellotti ha già deciso d’irizzarsi verso scelte di arte applicata e le teorie sull’utilità sociale dell’arte di William Morris. Scrive:
“se una qualche lontana influenza hanno potuto esercitare gli stranieri su me quando ho dovuto fare dei lavori d’arte decorativa per le loro industrie (per esempio delle lampade per una casa tedesca), nessuna ne hanno invece esercitata sul mio stile libero. io non ho preso dagli stranieri che il desiderio vivo di rinnovare, di progredire. non ci tengo affatto a essere originale per partito preso, ad ogni costo, lei vedrà in ogni mio lavoro un tentativo fervido per applicare delle forme naturali che vado sottoponendo ad una linea senza però sforzare né la forma scelta né la linea richiesta”.
Il clima romano era allora dominato da due principali linee di tendenza: una legata alle espressioni grafiche, rapide ed efficaci, di gusto liberty, che facevano capo al raffinato Aleandro Terzi con il quale Cambellotti collabora alla rivista annuale Novissima; l’altra del divisionismo pittorico di Terzi stesso.
In tale situazione storico – artistica romana, Cambellotti elaborò un suo modo elegante e originale di stilizzare la figura esaltandone, attraverso la tridimensionalità, le linee slanciate, in questo influenzato dalla pratica del fregio filiforme e continuo che Cambellotti sperimentava ed utilizzava per le opere pubblicitarie e riviste illustrate.
L’arte, considerata dall’ artista mezzo per la diffusione della cultura, ha nella plastica di ridotte dimensioni, la possibilità delle ripetibilità e, quindi, della diffusione in più luoghi, divenendo elemento di arredo e di oggetto da usare oltre che da contemplare.
In tal senso, Cambellotti rappresenta un artista, che porta nell’ambiente un’originalità rispetto al panorama scultoreo italiano d’inizio secolo. Attraverso la manipolazione della creta, del gesso, Cambellotti estrae una forma di un contenuto artistico, progettato, valutato da un disegno, da un pensiero trasferito su carta. La scultura che esce da questo processo intellettivo, ha la caratteristica della repricabilità di copie bronzee. Questo percorso ideativo si è realizzato con la scultura “La Pace”, di cui sono realizzate due copie bronzee esposte una presso la sede della Regione Lazio e l’altra all’esterno dell’edificio Ex Opera Balilla, che ospita il nostro museo. Le sue elaborazioni sorprendono, perché le sue preferenze vanno a formati altrimenti ritenuti trascurabili. Le sue prime sculture, come la Minerva del 1907 e Cibele del 1910, ma anche la Fonte delle Lavandaie del 1900, rivelano precisi legami dell’artista romano con la Secessione viennese. Atena è il simbolo della saggezza, dell’accortezza e delle doti intellettuali, con cimo, lancia e scudo con impressa la testa della gorgone uccisa da Perseo, è il simbolo per la cultura, primo gradino di qualsiasi miglioramen to sociale ed estetico. Minerva , I’Atena romana , era la protettrice delle arti delle scienze, di tutte le opere positive dell’uomo: la civetta è l’animale a lei sacro.
Cambellotti preferisce definirsi un modellatore, un plasmatore della materia attorno ad un nucleo centrale, un cesellatore e in questa veste lo ritrae Balla in un suo disegno. La forma esterna dell’oggetto plasmato e il rilievo plastico emergente dalla forma. La straordinaria capacità creativa di Cambellotti nel modellare sculture è documentata dalla esposizione a Latina nel 1984, presso la palestra dell’ex Opera Nazionale Balilla che ora è stata scelta come sede del Museo, dal titolo “Duilio Cambellotti scultore e l’Agro Pontino”, dove erano esposte più di trenta sculture, fra cui “I Cavalli della Palude Pontina” (1910), “La Fonte della Palude” (1912-13), “La Pace” (1914) e “Il Buttero” (1919).
Nella stanza n. 3 vengono proposte le seguenti opere:
Duilio Cambellotti
Il Monumento ai Caduti di Borgo Hermada (Terracina), 1948 – 1950
Il monumento ai caduti civili e militari della seconda guerra presenta una scultura in bronzo collocata alla sommità di una colonna di granito nella piazza centrale del borgo. Viene commissionata da una sezione dell’Associazione Nazionale Combattenti e Reduci. Il tema della vanga e mani stigmatizzate protese verso l’alto prevalgono e dominano gli strumenti di guerra che circondano, per non dimenticare, l’esile, ma idealmente indistruttibile colonna. Il motivo era già presentato per il Monumento ai Caduti di Priverno nel 1923, che semplificato venne accettato per Borgo Hermada. La vanga, soggetto particolarmente caro a Cambellotti che ricorre spesso con la punta rivolta simbolicamente verso l’alto e associata alla mano del contadino o rappresentata insieme ad un libro, viene ripresa nell’illustrazione del volumetto La vanghetta del fante del 1920. Scrive “…gli alberi, gli animali, gli uomini della vanga e del solco furono oggetto della mia osservazione e quindi nutrimento per l’animo mio ad alimentare visioni e sogni che sboccavano fuori nella traduzione o grafica o plastica“.
Matita, tempera e pastello su carta millimetrata, mm. 252×152
Matita, tempera e pastello su carta millimetrata, mm. 362×15
Duilio Cambellotti
L’aquila Eastman, 1932
Modello per la decorazione plastica del Salone di rappresentanza dell’Istituto Odontoiatrico G. Eastman di Roma. L’aquila fa parte del gruppo pittorico-plastico inserito nella lunetta centrale della parete principale del Salone, scandito da partiture architettoniche verticali che definiscono le singole spazialità suggerite. Le piume rese per scagli sporgenti e la positura dell’aquila sottolineano una vibrante spazialità. Dal gesso è stata tratta nel 2000 un’unica copia bronzea per il Sacrario della Guardia di Finanza ospitato nel Palazzo M di Latina.
Scultura in gesso,mm. 690×400
Duilio Cambellotti
Il Monumento ai Caduti di Priverno, 1932
Il monumento ai caduti al termine della I^ Guerra Mondiale. Terza soluzione realizzata (1932). Il gruppo dei soldati martiri è racchiuso in una nicchia, metafora ideale del sacrificio e del dolore. I Martiri sono agitano le palme, simbolo di trionfo, rigenerazione, immortalità. La Gorgone guerriera o apotropaica, posta alla base, potrebbe forse configurarsi come una divinità della soglia, protettrice di luoghi. Dal presente modello in gesso è stata tratta nel 2000 un’unica copia bronzea per il Sacrario della Guardia di Finanza di Latina, ospitato nel “Palazzo M” della città. Nel 1919 l’artista aveva realizzato un bozzetto in gesso per il Monumento ai caduti di Priverno con leonesse. Il soggetto verrà poi modificato. T
Elemento plastico in gesso, mm. 700×1400
Duilio Cambellotti
Aquila romana, 1928
Modello per la realizzazione del Monumento donato dalla città di Roma alla città di Azu (Giappone). L’aquila, animale nobile per eccellenza, frequentemente utilizzato dall’artista soprattutto nella grafica commemorativa della Grande Guerra, sta spiccando il volo dalla sommità di una colonna. Donata dal Governo italiano al Giappone per ricordare la vicenda del gruppo di giovani samurai della “Tigre bianca” prevalentemente adolescenti, divenne famoso per aver commesso il seppuku, una forma di suicidio rituale, sul monte Iimori, ove, oggi è collocato il monumento. Nel Museo sono presenti tre bozzetti a tempera, matita e china che Cambellotti propone alla scelta della committenza.
Scultura in gesso, mm. 560×350