Duilio Cambellotti

Il Ciclo della Giustizia, 1936

L’arch. Oriolo Frezzotti, progettista dell’edificio del tribunale di Littoria, commissiona a Cambellotti quest’opera per la spazialità absidale dell’Aula di Corte d’Assise. Cambellotti imposta su tale spazio la sua idea allegorica, creando punti di vista multipli Nel lato sinistro pone la figura del centauro e quella del fuoco, a destra l’allegoria della medusa e del serpente, le cui tridimensionalità sono rese per piani obliqui, rispetto al riguardanti e per forti aggetti, al centro la donna che taglia dei rami con una scure. Cambellotti propone le immagini commentate dalle scritte (Dante Inferno canto IX, v. 52 e Inferno Canto XI v.v. 22 -24, Vangelo di Giovanni Cap. 15 v. 6, ), riferito ad ogni scultura. Lo spazio absidale è rivestito di travertino, ma tracce di colore residue sul reticolo basamentale suggeriscono una ipotesi di rivestimento della parete con materiale diverso da quello utilizzato. Gli altorilievi sono realizzati con l’utilizzo del cemento bianco.

Scultura in gesso,mm. 410×400

Duilio Cambellotti

Il Ciclo della Giustizia, 1936

Come nel caso del Palazzo del Governo a Littoria, così per il Palazzo di Giustizia è evidente l’esatta iconografia delle opere è stata prevista fin dalla fase progettuale degli edifici, come risulta anche dagli appunti e dalle prospettive interne di Frezzotti, che testimoniano il rapporto di pari dignità tra architettura e decorazione. Nel primo caso l’ampia vetrata della facciata, peraltro avanzata rispetto ai corpi laterali, permette la visibilità del fregio pittorico la “Redenzione dell’Agro” dalla sottostante piazza; nel secondo la curvatura della parete della Corte d’Assise, una vera e propria abside in asse con l’ingresso per il pubblico, sottolinea la volontà di “sacralizzare” la Giustizia rappresentata dai rilievi plastici, accompagnati dai versi danteschi e biblici. Nel Ciclo della Giustizia, Cambellotti ripropone un tema a lui caro, “la lettura” dell’opera di Dante. La donna che taglia dei rami con una scure, la Medusa, il Centauro, un leone con un serpente al collo ed il fuoco sono una precisa riflessione sul ruolo della Giustizia umana. Cambellotti che con il Ciclo della Giustizia ripropone un tema a lui caro, “la lettura” dell’opera di Dante. Il Centauro (canto XII), considerati violenti e intemperanti nel mito classico, badano a che i violenti contro il prossimo non escano dal Flegetonte bollente, la giustizia a guardia dei violenti; la Medusa è il monito della punizione per coloro che non rispettano le leggi; la figura femminile rappresenta la giustizia stessa che taglia i rami secchi ( i colpevoli) della società civile; il leone accompagnati dal serpente, vogliono figurare la forza e la violenza che si esercita con la frode e l’inganno. Il fuoco che arde i rami secchi, accompagnata dalla celebre parabola della vite, raccolta nel capitolo XV del Vangelo di Giovanni, ricorda che la legge evangelica prevale su tutte le altre, e deve essere osservata anche nell’esercizio della Giustizia umana, dal momento che è legge di Dio.

Scultura in gesso,mm. 540×2300

Duilio Cambellotti

Fontanile delle pecore

Questo Museo conserva il disegno esecutivo su carta a matita e china millimetrata, insieme a questo originale in gesso mai realizzata, suddiviso in cinque frammenti. Il fontanile è rappresentato da due vasche comunicanti: la prima adatta all’abbeveramento di animali di grossa taglia e l’altra per gli ovini e caprini. Il perimetro è caratterizzato da un cordolo che incornicia il fontanile, che termina con un arco.

Scultura in gesso,mm. 130×470

Duilio Cambellotti

Il cieco, 1919

Cambellotti fin dalle sue prime prove, tende a rappresentare uomo e animale cavalcato come un tutt’uno, sottolineando così lo stretto rapporto dell’uomo con la natura. La piccola scultura in terracotta propone un altro animale dell’Agro: l’asino, Ogni animale per Cambellotti ha le sue speciali forme di equilibrio, e rapporti speciali delle proprie parti, che vengono rispettate e adattate alla forma e al profilo del cavaliere. L’opera mostra la perfetta compenetrazione delle parti, per raggiungere una geometrizzazione architettonica. Le forme geometriche, il movimento dei due soggetti hanno lo scopo di creare simboli evocativi, tipico dall’Art Nouveau.

Scultura in terracotta, mm. 330×195

Duilio Cambellotti

La Fonte della Palude, 1936

Tra la fine del 1912 e l’inizio del 1913 nello studio romano, Cambellotti esegue la creta della Fonte della Palude, un’opera da realizzarsi in pietra e collocare all’esterno (Frezzotti la colloca nella piazza antistante il municipio di Pontinia) composta da cavalli e puledri che si abbeverano formando con i loro corpi una massa compatta. Cambellotti, nel frattempo in attesa di realizzare l’opera,  si dedica a perfezionare la sua idea con numerosi disegni, crete e gessi, allo studio delle teste di cavalli e plasma un modello in creta, riprodotto nell’articolo di Sapori del 1919. Nello stesso anno è anche un progetto dipinto ad acquarello e china. Subito dopo realizza questo modello in gesso. L’artista immaginava la sua opera in pietra e intendeva ubicarla al centro di una vasca, in modo che i cavalli sembrassero veramente bere. Nel 1936, viste le difficoltà di ordine economico che ostacolavano la realizzazione dell’opera, Cambellotti approntava un nuovo progetto in gesso, qui esposto, del tutto diverso dalla prima idea della Fonte, in cui sembra accostarsi, in particolare per la stilizzazione dei cavalli, alle contemporanee scene eseguite per Ippolito di Euripide per il Teatro Greco di Siracusa.

Scultura in gesso,mm. 240×270